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PICA #078

1 Best Seller di Amazon, 'Le forze della creatività collaborativa' di Peter John Comber.

E' nato!

La settimana passata ho lanciato con successo il mio libro e Mark Stinson mi ha chiesto di parlarne nel suo podcast, facendo riferimento anche alla creatività in generale.

La scorsa settimana è stato pubblicato il mio libro The Forces of Collaborative Creativity. E’ stato gratificante, vederlo subito al numero 1 della sua categoria su Amazon negli Stati Uniti e rimanere numero 1 per quattro giorni consecutivi in Italia. Un sentito ringraziamento va ai tanti che hanno acquistato il libro e a tutti coloro che hanno sostenuto il lancio contribuendo alla sua visibilità. Uno dei sostenitori è il mio amico e collega Mark Stinson, che mi ha invitato a chattare con lui nel suo podcast "Unlocking Your World of Creativity".
Ti invito ad ascoltare la nostra conversazione o, se preferisci, leggere la trascrizione (leggermente editata) del podcast.

Mark: C'è stato un particolare progetto creativo su cui hai lavorato oggi che ha richiesto la tua piena attenzione creativa?
Peter: Sicuramente, sì. Non posso entrare nei dettagli a causa degli NDA che porterebbero via il mio primogenito e tutto il resto se parlassi dei progetti che facciamo. Ma lo strumento che stiamo creando aiuterà medici specialisti ad avere conversazioni più approfondite con i loro pazienti. A causa della pandemia, molta comunicazione non è più faccia a faccia e questo diminuisce il livello di fiducia e la capacità di parlare di cose più emotive. Quindi, stiamo sviluppando uno strumento che aiuterà medici e pazienti ad avere conversazioni migliori e parlare di cose che non sono semplici, specialmente quando non si trovano nello stesso posto.

Mark: Hai una fonte di ispirazione per quando sei bloccato creativamente, qual è uno stimolo che aiuta a far fluire la creatività?
Peter: Non c'è una sola fonte, per me la cosa più importante per la creatività è la diversità e quindi qualunque cosa abbia fatto l'ultima volta, voglio fare qualcosa di diverso. Voglio avere una prospettiva diversa e quindi per me si tratta di essere ispirato da qualcosa di diverso. Credo che tutta la creatività sia contestuale. Quando la crei, le persone con cui crei, lo stimolo che hai - quel contesto influenza la tua creatività. C'è anche la fruizione della creatività che è contestuale. A seconda di chi la vede, quando la vede, perché la vede, qual è la sua predisposizione o aspettativa. E quindi tutte quelle variabili, che sono tutte stimoli, sono tutte contestuali. Penso che si abbia bisogno di stimoli continuamente molto diversi.

Mark: E gli ostacoli? Ovviamente in ogni sforzo creativo si devono affrontare degli ostacoli. Come gestirli, aggirarli e superarli?
Peter: Devi demolire gli ostacoli che puoi e aggirare quelli che non puoi. Penso che la differenza tra un bravo creativo professionista e qualcuno che ha bisogno di un po’ più d’esperienza è l’essere in grado di distinguere tra la modalità demolire e la modalità aggirare davanti agli ostacoli. Perché se aggiri qualcosa che avresti dovuto demolire, probabilmente stai compromettendo qualcosa dell’idea. Penso che questa sia la chiave.

Mark: Ecco, quindi, giudizio creativo. Mi chiedo però se questo non è frustrante per un creativo e se può bloccare la creatività. Tu stai dicendo di resistere?
Peter: Beh, credo che stai parlando di qualcosa di leggermente diverso. L'idea di essere frustrato come creativo è sbagliata secondo me e ti spiego perché. Se parliamo di un atto creativo che è auto-ispirato e auto-prodotto allora non ci sono ostacoli, tutti gli ostacoli possono essere demoliti e se non li demolisci è una tua scelta. Se sei un creativo che si occupa di creatività applicata, sei pagato per farlo e lo fai per qualcun altro. Se confondi la tua realizzazione personale, la tua ricompensa emotiva, con quello che in realtà è un lavoro, allora sei nei guai e penso che devi tenere d'occhio il fatto che la soddisfazione sul lavoro si ottiene facendo qualcosa bene in modo professionale. La realizzazione emotiva e personale della creatività a volte è una conseguenza, ma non contarci. Ecco perché penso che i creativi che lavorano nella creatività applicata dovrebbero avere progetti personali. Devi poter esprimerti senza barriere nelle tue cose personali.

Mark: Questo è un ottimo punto. Quindi stai dicendo che nella professione di creativo, a livello commerciale, hai ancora bisogno di uno sbocco privato per la tua energia creativa che tu controlli.
Peter: Sì. Se vai a vedere Bruce Springsteen in concerto, vuoi vedere Bruce Springsteen cantare le sue canzoni più o meno nella forma che conosci. Ora, Bruce potrebbe svegliarsi quella mattina e non avere voglia di farlo, ma lo farà. Se lui vuole cantare un'opera di Puccini sotto la doccia prima del concerto (o scrivere una nuova canzone) è così che può esprimere la sua creatività, questa è la sua liberazione emotiva. Poi sale sul palco ed esegue le sue famose canzoni, per te.

Mark: È così vero. Entriamo nel libro: The Power of Collaborative Creativity. Sottolineo la parola "collaborativo" perché, proprio come stavamo dicendo: molte persone pensano che la creatività sia il talento di un individuo , che produce qualcosa da solo. Eppure è molto raro che sia così, vero?
Peter: Molto raro. Penso che l'idea di un unico talento creativo che produca qualcosa sia strettamente legata all'artista. Le persone confondono creatività e capacità artigianale. Se sei uno scultore fenomenale, l'atto di scolpire è un atto intellettualmente creativo - perché decidi cosa vuoi ottenere dal blocco di marmo che stai scolpendo - e anche tecnicamente creativo, il lavoro fisico e lo sforzo che metti nel creare quella cosa. La creatività manuale non è ciò di cui stiamo parlando. Ciò di cui stiamo parlando è un'attività intellettuale e la Collaborative Creativity è un'attività intellettuale di gruppo. A volte il risultato sono idee sorprendenti e a volte no, perché a volte non è questo l'obiettivo. Uno degli aspetti centrali dell'uso della creatività negli affari è che puoi usarla per molte cose. Non devi usarla solo per avere nuove idee e nuovi prodotti o nuovi modi di promuovere prodotti. Puoi usarla per capire meglio le persone, aiutare le persone a scoprire delle cose su se stesse, puoi usarla per far lavorare meglio i team insieme, capirsi meglio. Puoi usarla per ottenere consenso e allineamento su questioni di cui le persone hanno difficoltà a discutere e attraverso la creatività possono confrontarsi in modo sicuro e quindi trovare un terreno comune.

Mark: Adoro il sottotitolo del libro, che dice che è una guida pratica. Perché hai descritto alcuni obiettivi molto nobili: tutti vogliamo lavorare insieme, vogliamo avere idee ma spesso i gruppi e i loro moderatori non hanno gli strumenti e le tecniche per farlo. Sembra che tu ci stia dando un po' di quell'aiuto pratico.
Peter: Il libro è diviso in due parti. La prima parte del libro parla di cosa è la Collaborative Creativity e quando è utile, perché dovresti considerare di utilizzarla in un'azienda e offre una comprensione generale di cosa sono le parti in causa. La seconda parte del libro è assolutamente una guida pratica su come farlo. Qualcuno con un minimo di esperienza nel fare workshop, dopo aver letto questo libro, potrebbe organizzare la propria sessione di Collaborative Creativity. Alcuni degli esercizi sono già lì, è un libro molto pratico.

Mark: Quindi, puoi prenderlo dalla libreria, aprirlo e ti trovi una guida passo-passo?
Peter: Sì. Assolutamente. Tuttavia, ci sono così tante variabili: la creatività, come ho detto prima, è tutta una questione di contesto, ogni volta che fai un progetto è diverso, con persone diverse, il contesto cambia. Quindi non esiste un processo completamente automatico. Ha bisogno di una certa dose di interpretazione, una delle cose fondamentali della Collaborative Creativity è che tutti gli esercizi devono essere fatti su misura. Quando dico che ci sono esercizi nel libro, intendo che ci sono esempi di tipi di esercizi, ma per ognuno di essi dico che devi personalizzarlo, devi renderlo rilevante per le persone a cui vuoi fare questo esercizio.

Mark: Parliamo del divertimento. Alla gente spesso piace uscire da un workshop e dire che è stato molto divertente. Tuttavia dobbiamo bilanciare questo con la produttività, l'output e chiederci se l'incontro è stato efficace. Come trovi quell'equilibrio?
Peter: Sfidando le persone. Il titolo del libro è The Forces of Collaborative Creativity e ci sono cinque forze: empatia, realizzazione, invenzione, coesione e scoperta di sé. L'invenzione è abbastanza ovvia, è ciò per cui tutti pensano che la creatività serva. La realizzazione è molto più ampia del divertimento. La realizzazione è la ricompensa, è lo scopo, sono le persone che dicono 'Ok, ho capito quello che siamo, perché facciamo quello che facciamo e sono felice di farlo. C'è anche la scoperta di sé: se fai in modo che le persone facciano creatività per se stesse o per altri, molto spesso imparano molto su se stesse mentre lo fanno. È molto più efficace del semplice divertimento. Il divertimento è qualcosa che va via, diventa un bel ricordo, mentre la scoperta di sé può cambiare il modo in cui agisci, in modo positivo. Può cambiare il modo in cui pensi al lavoro che svolgi e ai tuoi colleghi. Ho tenuto sessioni con tutti i tipi di partecipanti: medici, specialisti, pazienti, persone che lavorano nel settore farmaceutico, aiutandoli a rompere i silos all'interno delle loro aziende. Nelle sessioni davvero buone, quelle che hanno funzionato bene, alla fine tutti sono esausti. Il motivo è che ci hanno messo molto impegno ed è emotivamente “drenante".

Mark: Sì, usare il cervello può essere anche molto fisico. Mi hai ricordato i risultati, a volte, imprevisti, ma i team hanno davvero momenti di auto-realizzazione ed empatia all'interno del gruppo e gli effetti si propagano ben oltre l'incontro e l'esercizio. Questo aiuta davvero ad ancorare la squadra a uno scopo più elevato.
Peter: Esatto. Hai toccato qualcosa di centrale nel libro. Penso che il valore che le aziende riconoscono alla creatività sia circoscritto a un'idea che possa diventare tangibile nel mercato e generare fatturato e utili. Quello che cerco di sottolineare è che ci sono “sottoprodotti" della creatività e “sottoprodotti” delle idee che sono incredibilmente preziosi. Un team che impara a lavorare insieme mentre crea qualcosa e lo porta sul mercato è un team di co-autori che condividono la gloria del lavoro. Ciò è altrettanto prezioso per l'azienda perché quel team attraverso quel processo ha imparato molto su se stesso, molto sul mercato e ha imparato molto sul modo in cui l'azienda può funzionare, che non è necessariamente il modo in cui funziona ora. Questo è il cambiamento. C'è così tanto che puoi ottenere dalla creatività se smetti di concentrarti esclusivamente sull'idea, sul prototipo.

Mark: Verissimo. Poi c'è l'idea di portare quella creatività, l'idea, nel mondo. Quando dobbiamo rendere tangibile un'idea, quali sono alcune delle forze di collaborazione che entrano in gioco quando stai effettivamente producendo l'idea creativa?
Peter: La cosa che uccide l'innovazione e il cambiamento più di ogni altra cosa è la sindrome del non-inventato-qui. Se tu ed io inventiamo qualcosa all'interno di un'organizzazione molto grande non appena iniziamo a portarla a persone che non hanno avuto quell'idea, non la guarderanno, con gli stessi nostri occhi. Il loro atteggiamento sarà: "Cosa hanno escogitato questi due e che impatto avrà su di me?"
Se coinvolgi tutti gli stakeholder rilevanti sia interni che esterni, fondamentalmente stai uccidendo all'interno del processo creativo tutte le idee che quel gruppo non può o non vuole sviluppare e ti stai assicurando che l'idea che sopravvive al gruppo eterogeneo sarà un'idea che il gruppo vuole vedere vincere. Vogliono vederla avere successo. Quindi, se ti sei mai trovato in una situazione in cui hai lavorato con un team che ha escogitato qualcosa di cui si è innamorato e poi l'ha presentato a qualche altra funzione dell'azienda per ottenere il buy-in e l'altra parte ha detto "No". Oppure l'ha modificata in modo da sentirsi a proprio agio, ma eliminando la ragion d’essere. Questo approccio richiede tempo ed è uno spreco in termini di risorse. Chiedi invece a qualcuno di coinvolgere funzioni che possano dire di no fin dall'inizio, ottieni il loro input nella costruzione insieme a te. Sarà un prodotto migliore, arriverà sul mercato in una forma migliore.

Mark: Ci stai davvero dando uno sguardo dietro le quinte del processo creativo. Credo che molte persone pensino che ci sia questo fulmine d’ispirazione e poi dovrei venire nel tuo ufficio e farti capire perché questa è una grande idea. Ma lo stai capovolgendo, non è vero?
Peter: È una questione di probabilità e percentuali. Ci innamoriamo tutti della bellissima narrazione di Steve Jobs che dice: ‘Inventerò l'iPhone, non chiederò a nessuno se gli piace, lo farò come dovrebbe essere perché io sono un visionario’.

Mark: Sì, adoriamo la storia secondo cui non c'erano focus group e tutti si sono semplicemente innamorati di questa cosa.
Peter: Esatto, tutti si innamorano di questa cosa e cambia il mondo! Va bene, se è quello che è successo, bene, non dirò che non è stato così, ma è un caso su un milione. Le probabilità che ciò accada sono così piccole che è assurdo provarci. Se hai il compito di non perdere soldi e di avere successo, vuoi fare le cose in modo intelligente. Vuoi inventare cose per le quali sai che il mercato ha interesse e per cui è pronto, che la tua azienda è totalmente convinta, da cima a fondo, che è necessaria e può essere fatta bene da quel gruppo di persone. Dico sempre che la migliore strategia non è la migliore strategia teorica, è la migliore strategia che la tua azienda può attuare.

Mark: È proprio così. Libro fantastico, non vedo l'ora di leggerlo in dettaglio. Ma raccontaci del tuo processo creativo nello scrivere il libro. Come è stato il processo per te?
Peter: Beh, tu hai scritto molti libri quindi ne sai più di me. Posso solo parlare di questo libro e il retroscena è che non sono uno scrittore. I creativi si dividono in due categorie: le persone che scrivono e le persone che scarabocchiano. Ho iniziato la mia vita nel campo degli scarabocchi e ho vissuto felicemente così per molti anni!

Mark: Scarabocchiare paga bene!
Peter: Sì, ma non è un'abilità trasferibile quando vuoi scrivere un libro. Quindi la scrittura effettiva del libro è stata difficile per me, devo ammetterlo. In termini di mettere nero su bianco, il processo che utilizzo e la mia azienda utilizza non è stato così difficile. La parte difficile è stata generalizzare perché quello che ho scoperto scrivendo il libro è che siamo sempre abituati ad applicare la nostra metodologia in situazioni specifiche. Quando abbiamo un cliente o un progetto ben definito questo ci permette di essere abbastanza precisi nel modo in cui lo spieghiamo e lo organizziamo. Quando scrivi un libro non hai idea della situazione in cui si trova la persona che può leggerti. Ho dovuto generalizzare così tanto che mi sono sentito a disagio. L'opposto della generalizzazione è scrivere un libro così denso di varianti e specifiche a seconda delle varie situazioni da risultare noioso e impenetrabile. In realtà ho scritto questo libro due volte. Ho scritto la prima bozza del libro cercando di affrontare tutte le variabili ed il risultato è stato, francamente, terribile. Era difficile da leggere perché c'erano tante cose quasi contraddittorie; così la seconda versione del libro è stata semplificata. Ho accettato che avrei dovuto fare una generalizzazione radicale e conviverci.

Mark: C'è un certo coraggio nel guardare il proprio lavoro e nel dire che deve essere rifatto.
Peter: Sì, ma penso che una delle abilità trasferibili di essere uno scarabocchiatore nella creatività applicata sia che hai l'istinto di rendere tutto il più semplice possibile. Quindi penso che la prima bozza fosse un mezzo per tirare fuori tutte le informazioni e la seconda stesura riguardava la creazione di qualcosa di coerente e ragionevolmente facile da capire.

Mark: Come hai detto prima, quando è un progetto personale, c'è un diverso insieme di motivazioni. Non stai cercando di rispettare un brief o una scadenza di un cliente.
Peter: È interessante notare che una delle cose molto significative che sono cambiate tra la prima bozza e la seconda è che ho inviato la prima bozza a clienti e colleghi e ho chiesto loro di leggerla e di darmi il loro feedback. Il libro non sarebbe come è oggi se non avessi avuto il feedback di quelle persone, le cui opinioni sono state incredibilmente preziose. Quindi l'unico consiglio che darei a qualcuno è se vuoi scrivere un libro, prima di pubblicarlo, chiedi a qualcuno che conosce la tua materia di leggerlo e di dirti cosa ne pensa - deve essere qualcuno che è abbastanza amico da dirti tutta la verità.

Mark: Stai applicando la stessa filosofia collaborativa anche nella creazione del tuo libro. È come se avessi bisogno del feedback del cliente per essere sicuro di comunicare qualcosa di utile.
Peter: Sono due mondi diversi. Penso che le persone debbano capire che se stai scrivendo un romanzo questa è la tua visione e nessuno può dire che l'idea a pagina 3 è giusta o sbagliata, è la tua visione. Ma se stai cercando di fare qualcosa di pratico, che spiega qualcosa o che riguarda un'impresa commerciale, devi renderti consapevole di ciò che il tuo pubblico pensa e di cui ha bisogno. Questo libro spiega una metodologia e contemporaneamente spiega cosa fa la nostra azienda. In quel contesto non è una questione di quello che vuoi fare, è una questione di ciò che le persone capiscono e dipende di nuovo dal contesto.

Mark: In chiusura, parlando di contesto, vorrei chiederti di Milano, dove vivi. Un posto famoso per l'ispirazione creativa e la storia. Trai ispirazione dal tuo ambiente?
Peter: Sicuramente. Penso che uno degli effetti peggiori del Covid, per me, sia stato il fatto che i musei e i teatri sono stati chiusi. Penso che una delle gioie di vivere in una città sia l’elevata offerta culturale. Per essere creativi, bisogna aver stimoli diversi e penso che l'unico modo per ottenere stimoli diversi sia uscire e vedere cosa sta succedendo. Essere in una città lo rende relativamente facile perché offre tanti stimoli. In questo momento, purtroppo, non sta succedendo molto. Sono andato a vedere una mostra molto bella su Georges La Tour ma è stato difficile ottenere i biglietti perché consentono solo a pochissime persone di visitare la mostra in un dato momento e l'intero processo d'ingresso, con misurazioni della temperatura e distanziamento, una volta dentro, ti toglie un po’ di poesia. In condizioni normali, penso che essere in una città, specialmente in una grande città con una storia culturale rilevante, sia un grande vantaggio se sei un creativo.

Mark: Peter, grazie per l'ottima conversazione, mi è davvero piaciuto e ti auguro il meglio per il tuo libro.
Peter: Grazie mille, Mark. È stato un vero piacere.